Stintino, dove le muse danzano con i tonni. Qui il Museo della Tonnara è una realtà

Print

di Ninni Ravazza

A Stintino, estremità di nord ovest della Sardegna, sorge un bellissimo Museo della Tonnara, piccolo ma secondo solo a quello di Favignana. Un gioiello incastonato in un paese che già di suo è prezioso, una volta sede della gloriosa Tonara Saline. La perseveranza del sindaco Antonio Diana e la scienza dei professori Salvatore Rubino ed Esmeralda Ughi hanno dato vita al MUT, che è al tempo stesso luogo di memoria e base del futuro culturale di questo territorio. Per quasi tutto l’anno gli eventi si susseguno senza soluzione di continuità: conferenze, concerti, mostre … Dal passato al futuro, tutto transita dalle sale dell’ex ALPI, industria di trasformazione ittica assurta a polo culturale. Nel 2016 ho avuto l’onore, assieme a studiosi ben più bravi di me, di inaugurare il Museo con una breve riflessione sul rapporto tra esso e la pesca del tonno. A seguire il testo dell’intervento:

<<E’ sempre una gioia grandissima venire qui a Stintino, e oggi lo è ancora di più perché l’occasione è offerta dalla presentazione alle autorità del Museo della Tonnara. Io sono stato per vent’anni il sommozzatore della tonnara di Bonagia e Favignana, le più produttive del Mediterraneo, e ho vissuto con i tonnaroti che mi hanno fatto partecipe della loro cultura millenaria. Dunque, essere chiamato a celebrare la sublimazione di quei saperi antichi codificati nel trascorrere delle generazioni di tonnarotti che si sono avvicendati sulle musciarre mi riempie di orgoglio. Mi sono posto, però, delle domande.

(Salvatore Rubino, Saro Lentini, Ninni Ravazza)

Museo, dal greco antico Museion, casa delle Muse. Ma la tonnara, l’arte alieutica, non rientra fra quelle praticate dalle Muse: c’erano la danza, il canto, la poesia, la commedia, l’astronomia …

Come può abitare la Tonnara nella casa delle Muse?

Perché una intera comunità, quella di Stintino, non può non trovarsi a casa sua qui, tra reti e corchi, sugheri e barche, sotto l’occhio di uomini e tonni che hanno navigato questo mare?

Quale alchimia ha intrecciato indissolubilmente questa casa con le altre del paese la cui toponomastica rimanda imperiosamente a queste stanze?

Perché le testimonianze di un’attività millenaria e fascinosa conservate in questa casa sono espressione di ingegneria empirica e scienza biologica applicata all’ardire dei tonnarotti che fanno parte del DNA della gente di questa parte meravigliosa della meravigliosa Sardegna?

Perché mai questa “casa” deve diventare la casa di tutti, giovani e meno giovani, turisti e residenti, di studiosi e di scolaresche?

(Esmeralda Ughi responsabile del MUT  e l’antropologa Ambra Zambernardi)

La risposta ce la danno le stesse Muse, basta volere ascoltare la loro voce …

Clio, Musa del canto epico, abita proprio qui, in questa casa che rimanda ancora le grida dei tonnarotti che obbedivano agli ordini urlati dai rais …

Epica è la figura del rais, capo carismatico di una falange di uomini armati di corchi e ricoperti dal sangue dei tonni … lui solo era l’interlocutore degli Dei del mare a cui chiedeva – invisibile agli altri – una ricca pesca e la salute per i suoi uomini, proprio come Achille sotto le mura di Troia poteva parlare con la Dea Atena che solo a lui si svelava …

Epico era il rais quando simile ad Enea interpretava il volo degli uccelli marini per predire cosa avrebbero trovato tra le reti: nuovi branchi di tonni arrivati con la luna piena, o lo strazio della trappola provocato dal “bistino”, lo squalo distruttore …

E ancora epico era il sorteggio dei rematori sulle musciarre dove i capibarca cercavano di accaparrarsi i migliori, proprio come avveniva sulla nave Argo alla ricerca del Vello d’oro …

Ed Erato, Musa dell’amore, non ha forse accompagnato le gabbane di tonni entrati in Mediterraneo dalle Colonne d’Ercole per il loro viaggio nuziale nei giorni del sole e delle acque calde e limpide che avrebbero favorito l’accoppiamento e poi la nascita dei piccoli tonnetti?

(concerto al MUT)

E ancora Melpomene, Musa della tragedia, non ha sovrinteso forse al momento topico della pesca, quando il rais ordinava “Mattanza” e i tonnarotti si scagliavano contro i tonni rinchiusi nella camera della morte dove finiva il loro lungo viaggio d’amore? Tragedia greca, cruenta eppure piena di umanità: i tonnarotti invasati uccidevano perché da quella strage dipendevano le sorti delle loro famiglie e dell’intera comunità, e contemporaneamente chiedevano perdono ai pesci che straziavano con gli uncini: “A tutti li tunni cercamu pirdono” intonavano le ciurme di Pizzo Calabro, proprio come gli indiani d’America Cheyenne chiedevano perdono al bufalo che uccidevano per ricavarne alimento e pelli: “Che il cielo ti trasformi in un uccello d’aria …”.

Ma soprattutto – e qui ogni dubbio scompare – le Muse erano figlie di Zeus e Mnemosyne, la dea della Memoria: ecco la risposta, dunque, questa è proprio la loro casa, il Museion. Qui c’è la memoria di un paese, di generazioni la cui cultura si è stratificata fino a comprendere l’intero sapere del Mediterraneo sin dagli albori della sua sapienza. Qui ci sono Omero e Virgilio, Apollonio Rodio e Oppiano di Cilicia, le avventure di Giasone ed Ulisse e i ricordi dei tonnarotti che nel 1895 furono cacciati dall’Asinara e crearono Stintino per continuare a pescare i tonni. E’ la casa di tutti, stintinesi e non, in una fase difficile della vita sociale, in cui la memoria è sotto attacco ed è diventata un bene da difendere a ogni costo dal tentativo di farla passare come perdita di tempo. La memoria come la cultura: irrinunciabili, necessari, indispensabili. E il Museo, anche questo Museo della Tonnara, è uno strumento formidabile per difendere la nostra memoria, cioè noi stessi, da un futuro privo di identità e dunque facile preda di anomie culturali e morali>>

 

Print

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*