La Tonnara e San Francesco

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di Ninni Ravazza

Tonni, mattanza, sangue, risa, pianto, speranze, ricchezze, delusioni. Oggi le Tonnare in Sicilia sono solo un (bel) ricordo; forse una, la più famosa, tornerà a operare la prossima primavera. Forse. E già candide anime sono pronte a gridare allo scandalo per la morte dei tonni. Ma siamo proprio così sicuri che quella pesca antica sia antitetica rispetto a un’etica dell’ambiente e della vita? Una possibile risposta – personale e confutabile – l’ho data in occasione del convegno “Laudato sì” sulle preziosità del territorio organizzato a Trapani dalla Caritas Diocesana. Il tema non è di cronaca ma è pur sempre attualissimo.

I filmati e le immagini della mattanza mostrano pesci che si dibattono e muoiono nel sangue sui vascelli: scene straordinarie ma certamente anche cruente, e non poco. La domanda è: come e se possano conciliarsi col tema del convegno, “Laudato sì …”, ispirato all’amore per la natura.

Ebbene, nessuno si scandalizzi se dico che proprio quel sangue, quei gesti primordiali, se guardati con gli occhi del credente, o come nel mio caso dello studioso dei comportamenti umani, siano proprio l’esplicitazione dell’esortazione di San Francesco nel suo Cantico delle Creature: “Laudato sie mi’ Signore, cum tucte le tue creature …”.

Orbene, nessun odio, nessuna violenza gratuita nella caccia che l’uomo ha dato per secoli al Tonno, necessaria per sfamare intere comunità e dar loro la garanzia di sopravvivenza: “A tutti li tunni cercamu pirdono” cantavano i tonnaroti di Pizzo Calabro quando facevano mattanza … perdono perché li uccidevano per esigenze vitali, per dar da mangiare ai figli, per sopravvivere all’inverno avaro di pesce.

Quanta similitudine con la preghiera degli indiani d’America Cheyenne che chiedevano perdono all’animale che assicurava loro alimentazione, vesti e riparo: “Che questa freccia / che ora incocco all’arco / ti renda sacro o Bufalo / che la terra benevola ti accolga / che tu possa trasformarti in un uccello d’aria”. Anche per il bufalo, come per il Tonno, sacro rispetto, quel rispetto dovuto all’animale da cui dipendono le sorti della comunità o della tribù …

Le laudi, la gloria e l’onore francescani sono tutti per il Signore che nelle cialome, i canti di lavoro, viene ringraziato perché “criasti luna e suli”, così come San Francesco lo lodava “per sora luna e le stelle” e ancora per la madre terra che “produce diversi fructi con coloriti fiori et herba”: non a caso nella giuntura di rete che immetteva nella camera della morte i tonnaroti intrecciavano gialli fiori di primavera, per realizzare quella “custura l’erva” che segnava il passaggio tra la vita e la morte per i tonni, che si traduceva nella vita per i pescatori e le loro famiglie.

Ancora laudi al Creatore quando il rais verificata la buona posizione delle reti prima della mattanza incitava i tonnaroti a rivolgere “un credu u’ Signuri”, e questi all’unisono gridavano “Sia laurato …”. Subito dopo metteranno mano agli uncini per issare a bordo dei vascelli quei pesci immensi, e allora daranno loro un’ennesima prova di grande rispetto: il tonno diverrà solo “tunnina”, carne, merce da vendere; tonni sono quelli che nuotano liberi “per sor’acqua”, immersi nella natura.

Certamente ho un moto di ripulsa al sentire che a Bruxelles, Roma e Palermo stanno favorendo la ripresa della pesca con la tonnara per fini turistici: mai un rais vero avrebbe dato l’ordine di far mattanza per il diletto dei turisti, la “sora morte” di Francesco è parte della vita delle sue Creature, non spettacolo circense.

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