Tempu ri pisci: reportage fotografico nella Cala di Palermo
Una sottile linea tra realtà e leggenda, un vecchio porto del mediterraneo che oggi ha perso i suoi antichi fasti ma non smette mai di stupire per la vita che irradia e l amore per il mare che trasmette.
Perché tra quelle barche di legno un po’ consunto scoprì di sentirti a casa. Antitesi dell’andare, che poi è quello che oggi gran parte di noi fa. Chi per un motivo, chi per un altro.
C’è chi però ha deciso di restare e combattere, attaccato alle sue radici con tutta la forza che ha, pur sapendo che al mondo niente è eterno e prima o poi per effetto di un mondo sempre uguale è destinato a sparire.
La cala di Palermo, il vecchio porto, è più di un giro turistico o una passeggiata domenicale per famiglie, lo leggi negli occhi dei pescatori, nelle rughe scavate dal sole e nelle spalle forti ma un pò ingobbite dei marinai più anziani. Vite spese per il mare minacciate dal progresso.
Perché è così, legge di natura che il pesce grosso mangia quello più piccolo, da qui un giorno nemmeno tanto lontano dovranno andarsene, con le buone o con le cattive per fare spazio alle decine di yacht club che sorgeranno su quell’area, per i ricchi, per quelli che non hanno bisogno di uscire la notte per pescare, per quelli che comunque, pesce o non pesce, mangeranno caviale a pranzo e a cena.
Andarsene si, ma dove? Non si sa, è questo il grosso del problema, nessuno di loro ha un’idea precisa. O forse ce l hanno ma per scaramanzia preferiscono rimanere muti e guardare te negli occhi facendo dei gesti che solo chi è siciliano può capire. Inequivocabili.
Mi sento quasi in colpa, ma sento il dovere di immortalare questi antichi gesti, quel lavorio di mani preciso, impeccabile ed elegante dell’uomo di mare e quel posto di cui fra vent’anni e forse anche meno si avrà soltanto il ricordo, così come è stato nel passato, parole e sapienza tramandate di padre in figlio, passate di mano in mano destinate all’estinzione.
Lo scatto di quell’uomo seduto sulle reti è la metafora di tutto questo. Adesso è tempu ri pisci, tempo di rattoppare le reti e andare per mare li dove si è fuori dal tempo e dallo spazio.
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L’autore
Francesco Faraci, nato a Palermo nel 1983, si avvicina alla fotografia all’età di 24 anni spinto dalla passione per il mare, i porti, le loro vita e per tutto quello che sa di Mediterraneo. Non puo’ e non sa spiegare le illogiche conseguenze di un amore che lo porta a visitare tutti i porti, i moli e le banchine di Sicilia in un continuo vagabondare alla ricerca dell’aspetto più umano e nascosto della sua terra.
www.francescofaraci.it