Formica, la Tonnara dimenticata

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Ci sono eventi, luoghi, storie che per un insieme di cause vengono dimenticati, sepolti dall’oblio e dall’emergere di nuovi protagonisti che ne mortificano il passato glorioso. Così è per la tonnara di Formica, un isolotto – poco più di uno scoglio – a metà della rotta fra Trapani e Favignana. Fin dal XVII secolo le tonnare di Formica e Favignana, sempre appartenenti al medesimo proprietario o gestite dallo stesso gabelloto, unirono le loro sorti, sino al 1979 ultimo anno di calo di Formica che aveva ridotto le catture a poco più di 200 tonni a stagione. Da allora dell’antica tonnara si è parlato solo per la sua acquisizione da parte di un organismo per il recupero dei tossicodipendenti. Ma ci sono stati decenni, secoli, in cui quella di Formica è stata la più produttiva delle tonnare egusee, molto più di quella Favignana che da lì a poco, con la gestione dei Florio, sarebbe stata eletta “Regina delle tonnare”.

I dati, desunti dagli archivi della famiglia Pallavicini di Genova (proprietaria dal 1600 a parte del 1800), si ritrovano nello splendido lavoro di Nicola Calleri “Un’impresa mediterranea di pesca. I Pallavicini e le tonnare delle Egadi nei secoli XVII – XIX” (Unioncamere Liguria, 2006). Una ricerca certosina sul Fondo Pallavicini ci restituisce la realtà di una tonnara viva e produttiva, con le cifre relative alle catture e soprattutto con i preziosi diari delle stagioni di pesca redatti dagli amministratori; dalle statistiche apprendiamo che nel decennio 1671 -1680 a Formica si pescarono 23165 tonni contro i 17303 di Favignana, nel decennio successivo 20511 contro 11666, e ancora nel 1691 – 1700 21527 tonni a fronte dei 10873 di Favignana, e ancora 17613 a fronte di 7893 nel decennio 1711 – 1720. Una tonnara dunque “ubertosa” e ricca. Per avere idea dell’attività frenetica che qui si svolgeva riporto il diario del 1 giugno 1761: “Maestrale fresco, motivo che non si ha potuto fare la seconda uccisa, sia per sempre lodato il Signore. Il rais riferisce aver quest’oggi nella tonnara tonni n. 500, bastardo tonni n. 400, bordonaro tonni n. 300, grande tonni n. 500, bordonaro di levante tonni n. 150, camera di levante tonni n. 350. Si ha mandato in Favignana un poco di elemosina per le verginelli e vedove per pregare il santissimo crucifisso della Piana acciò si compiaccia di fare buon tempo per portare i detti tonni in terra, sia per sempre laudato e benedetto il Signore”. In quell’anno 1761 il rais, di cui non viene mai fatto il nome, fece dieci “uccise” (in Sicilia non viene ancora usato il termine mattanza importato in seguito dalla Spagna) con migliaia di tonni catturati. Oggi non c’è alcuna lapide a ricordare quella stagione memorabile.

Se si rilegge il diario del primo di giugno 1761 si ha un’idea di quanto fosse pescosa la tonnara di Formica, che in quel solo giorno aveva tra le reti, divisi tra le varie camere di levante e ponente, ben 2200 tonni secondo le stime ufficiali del rais, che per evitare sorprese si teneva sempre una “riservata”, pari al almeno il 20 per cento dei tonni realmente stimati (che dunque dovevano superare i 2500 pesci).

(le fotografie a corredo di questo servizio sono di Ninni Ravazza – l’isolotto negli anni 2000 – e tratte dal volume di V. Consolo “La pesca del tonno in Sicilia”, Sellerio, 1986)

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