Un tuffo nel cuore … Eleonora, il corallo e gli amici abbandonati

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di Ninni Ravazza

Ci sono episodi, nella vita di ognuno, che non verranno mai dimenticati. Alcuni sono belli ed esaltanti e sarà dolce richiamarli alla mente, altri invece ti accompagneranno sempre come un’ombra di cui vergognarsi. Da quarant’anni l’ombra che mi segue e ancora mi fa arrossire si chiama Eleonora. Allora l’abbandonai, e il rimorso non mi ha mai lasciato.

Era il 1979 (o ’78?) e a Trapani era scoppiata la febbre dell’oro rosso, il corallo. Tutti i subacquei del Mediterraneo si ritrovarono nella mia città per un imbarco sui pescherecci che li portassero sul Banco Scherchi, vasto bassofondo roccioso 80 miglia a ponente, là dove il sole si tuffa nel mare. Anche io e i miei amici partecipammo a quella splendida avventura. Noi eravamo i neofiti del mestiere, ma sui pescherecci trapanesi c’erano anche i migliori corallari del tempo.

Dopo una serie di episodi tragicomici, tra capitani che minacciavano di lasciare digiuni i sommozzatori timorosi di tuffarsi e impietose ingiurie da parte di qualche professionista bravo e presuntuoso, senza aver mai preso un vero ramo di corallo, io e i miei amici trovammo un imbarco su una vecchia “paranza” di 16 metri, un po’ trasandata ma comoda e sicura. “Eleonora” era il suo nome. La comandava zu’ Cristoforo Cassisa e suo secondo era il figlio Nino; non erano mai andati sul Banco Scherchi ma anche loro volevano provare la pesca dei coralli. Il team di sommozzatori era costituito da me, l’inseparabile compagno di mare Raimondo Meles, Francesco “Ciccio” Millocca che da lì a poco sarebbe diventato dottore commercialista, e il francese Christian che cercava il corallo per riparare il grande motore della sua “Matilde Fiore”; con noi c’era anche Vidoq il cocker di Christian. Noi sub avevamo già avuto scoraggianti esperienze col corallo, ma eravamo giovani, avventurosi e pieni di voglia di vivere. Partimmo una sera di bonaccia e la mattina dopo eravamo sul Banco. Tutto attorno a noi tanti altri pescherecci che da un giorno all’altro erano diventati barche “coralline”, e sui pescherecci un’umanità variegata di sommozzatori e aspiranti corallari. Tutti giovani e belli.

L’avventura su Eleonora fu meravigliosa: capitano e marinai erano galantuomini sinceri e generosi, i compagni di immersione amici affettuosi e simpatici. Io trovai uno scoglio pieno di corallo piccolino, Christian una grotta tappezzata da rami enormi … in tre giorni raccogliemmo oltre quaranta chili di bellissimo corallo e quando per il sopravvenire del maestrale dovemmo tornare a terra eravamo felicissimi. Nulla era andato male quella volta. Vendemmo il corallo ai commercianti di Torre del Greco e io con la mia parte rilevai per intero la barca che avevo in società con un amico subacqueo. E mi restarono pure soldi in banca. Fu allora che feci la più grande vigliaccata della mia vita. Attirato dalle sirene del corallo abbandonai Eleonora, Raimondo, Ciccio e Christian per imbarcarmi sul “Cuore di Gesù” con Elio Greco, eccellente corallaro, e il capitano Nunzio Calamia, uno dei migliori marinai che abbiano solcato il Mediterraneo. Volevo diventare ricco di corallo e di fama. E invece sul nuovo peschereccio che era lungo appena 11 metri e aveva cuccette più corte di me tutto andò storto: la scomodità e l’impossibilità di riposare mi misero fuori gioco e ci mancò poco che non morissi a 65 metri di profondità ottanta miglia lontano da casa. Tornai a terra mortificato e rinunciai alla parte che Elio generosamente mi offrì ma che non mi ero guadagnato; accettai un invito a pranzo e tutto finì lì.

Purtroppo le cose andarono male pure su Eleonora: il capitano Cristoforo si spaccò un tallone saltando su una piccozza  e Raimondo, Christian e Ciccio dovettero lasciare il Banco senza un ramo di corallo. Prima di volgere la prua a terra lasciarono i bomboloni di ossigeno per la decompressione ad altri corallari che stavano sul “Ringo” dei fratelli Michele e Berto Crapanzano: Sandro, Miraldo, Max e Marco ne avrebbero potuto avere bisogno, il buon tempo resisteva e loro si sarebbero fermati ancora sullo Scherchi. Erano molto bravi e avevano già pescato il corallo in Francia, Corsica e Marocco.

Due cose straordinarie sono legate a questo ricordo: i mei compagni Raimondo, Ciccio e Christian mi hanno sempre perdonato il “tradimento”, e così pure l’equipaggio di Elenora;  ma soprattutto, a sorpresa, oggi a distanza di quarant’anni mi ritrovo sul PC le straordinarie immagini del trasbordo dei bomboloni di ossigeno dalla “Eleonora”  al “Ringo”: si riconoscono Christian e Miraldo sul Ringo, e Raimondo in tuta arancione su Eleonora; io non c’ero ma è come se il mio cuore fosse ancora lì, non se ne fosse mai andato. Il merito è di Alessandro “Sandro” Farassino che con Miraldo Utzeri, Max Couteau e Marco Malaguti erano i sommozzatori della barca; Sandro ha fotografato tanti momenti bellissimi della pesca del corallo, e generosamente mi ha messo a disposizione quelle immagini, che andranno a far parte della seconda edizione di “Corallari” (Magenes editore, Milano), il libro col quale nel 2004 ho raccontato l’epopea della corsa all’oro rosso e che oggi è esaurito. Sandro e i suoi compagni per me erano un mito: non li conoscevo personalmente ma nella marineria trapanese si raccontavano le loro gesta alla ricerca del corallo. Il loro capitano giurava che non aveva bisogno di trovare gli scogli con lo scandaglio, loro si tuffavano e trovavano comunque il corallo. Esagerava, ma per certo erano grandissimi professionisti. Mi ha messo in contatto con lui Anne Angelini Brossard, allora giovanissima splendida ragazza che seguì la pesca del corallo in mezzo Mediterraneo colorando i suoi sogni di rosso. Rosso corallo.

Dedico questo mio breve racconto a Sandro, Anne, Raimondo, Max, che ancora sono i meravigliosi testimoni di quella grande avventura. Lo dedico con ancor maggiore affetto a Christian, Miraldo, Ciccio, Marco, Elio, al capitano Cristoforo, che non ci sono più ma vivranno sempre nel cuore di chi li ha conosciuti. Lo dedico a tutti coloro che amano il mare e l’avventura. Lo dedico a me stesso sperando di potere così pagare il mio debito con gli amici che ho sciaguratamente abbandonato.

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Un grazie di cuore ad Alessandro Farassino, che intanto è diventato uno dei grandissimi nomi nel mondo della Vela, per le fotografie e i meravigliosi racconti che riempiranno le pagine del nuovo libro.

Un mare di riconoscenza ad Anne Angelini Brossard, senza la cui amicizia non sarei mai venuto in contatto con Sandro né avrei mai saputo delle straordinarie avventure dei corallari in Marocco.

Un abbraccio al mio compagno di sempre Raimondo Meles, senza il quale avrei navigato nemmeno la metà del mare che ho conosciuto.

Un “bravo” all’editore Magenes che darà alle stampe la nuova edizione di “Corallari”.

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Un pensiero riguardo “Un tuffo nel cuore … Eleonora, il corallo e gli amici abbandonati

  • 15 aprile 2018 in 13:33
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    Emozionanti questi racconti presi da un mare di ricordi di Ninni Ravazza che condividendoli consente anche a noi che non eravamo presenti un tuffo nella sua ricca memoria.

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