Pescatrice e Budego: mostruosi ma belli – Fotogalleria

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rana-15Ci sono dei pesci davvero strani in natura. La rana pescatrice è sicuramente uno di questi. In queste righe proverò a parlare di due specie della stessa famiglia, che vivono nello stesso mare, il Mediterraneo; si tratta di Lophius piscatorius (Linneo, 1758) e Lophius budegassa (Spinola, 1807) rispettivamente noti come rana pescatrice e budego, ma sovente scambiati e confusi l’uno con l’altro per via dell’aspetto molto simile, che non consente una precisa identificazione a un esame superficiale. Per il subacqueo attento e appassionato non sarà poi impossibile distinguere le due specie, un po’ per il colore, un po’ per alcuni dettagli che impareremo a notare con l’esperienza pratica.

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Detta volgarmente “coda di rospo”, per via dell’insolita testa, molto ampia e massiccia rispetto al resto del corpo – detto coda – (il pesce sembra avere un corpo così piccolo, rispetto alla testa, da sembrare una coda, la coda di un pesce così brutto da potersi definire tranquillamente rospo), la rana pescatrice (ma anche il budego) è un pesce con il corpo depresso dorso-ventralmente e ricoperto di creste ossee e spine, posteriormente conico e con la pelle priva di squame, viscida al tatto per la presenza di muco. La bocca, molto grande, è rivolta verso l’alto ed è dotata di numerosi denti forti, aguzzi e ricurvi verso l’interno, disposti sulle mascelle, sulle ossa palatine, faringee e sul vomere (Tortonese, 1975); la mascella inferiore è prominente rispetto a quella superiore (in tal modo l’apertura della bocca è rivolta verso l’alto), mentre la mascella superiore è protrattile e, nella mandibola e lungo il corpo, sono presenti numerose appendici cutanee a forma di frangie o foglie, dette lacinie, più sviluppate in L. piscatorius e visibili esclusivamente quando l’animale è in acqua (sul banco del pesce la pescatrice perde tutto il suo fascino…). Gli occhi, come nella maggior parte dei pesci piatti bentonici, sono posti dorsalmente, sono piccoli, ellissoidali e posti all’interno di un’orbita spinosa (Bini, 1968). Le pinne dorsali sono abbastanza caratteristiche: sono due, costituite da sei raggi lunghi e isolati, che compongono la prima dorsale, e da 11-12 raggi riuniti tra loro, che compongono la seconda dorsale, che è impiantata nella meta’ posteriore del corpo; il primo raggio isolato della prima dorsale e’ abbastanza allungato, piuttosto mobile, e reca all’estremita’ una espansione avente la forma di un piccolo pesce che serve ad attirare le prede; gli ultimi tre raggi della prima dorsale, invece, sono riuniti tra di loro, alla base, da una membrana. L’anale e’ opposta alla seconda dorsale e le pettorali sono molto robuste, ampie e rotondeggianti. Infine le pinne ventrali, inserite nello spazio giugulare, rimangono completamente nascoste quando l’animale e’ appoggiato sul fondo.

In sintesi si può affermare che le pinne sono, in linea di massima, poco sviluppate per un animale di queste dimensioni, motivo per cui la rana pescatrice non è una buona nuotatrice, ma si muove lenta, compiendo piccoli spostamenti, aiutandosi con le pinne ventrali e pettorali; oppure con fulminei scatti di breve entità, soprattutto durante gli attacchi sul fondo.

La colorazione è generalmente bruno-olivastra o marrone sul dorso e bianca nel ventre; sono presenti sfumature verdi e macchie irregolari biancastre. La colorazione tipica e la presenza di escrescenze e creste rendono queste due specie di lofidi estremamente mimetici sul fondo.

Il budego si differenzia dalla pescatrice per piccoli particolari: presenta frange cutanee meno sviluppate e più sottili, ciuffo dell’illicio non lobato, e colorazione del dorso più rossiccia. Le dimensioni del budego, che può giungere fino a 70 cm di lunghezza, sono inoltre di gran lunga inferiori a quelli della rana pescatrice, che può invece arrivare a 2 m di lunghezza ed un peso di 40 Kg.

Tipicamente solitaria, la pescatrice si riproduce da febbraio a giugno; abbastanza prolifica, può deporre fino ad un milione di uova, riunite in un nastro gelatinoso e fluttuante, che può raggiungere la lunghezza di 10 m e lo spessore di un metro. Le uova, di forma sferica e con diametro di 2-3 mm, sono dotate di una goccia oleosa e, dopo 2-3 giorni, si staccano dal resto del nastro.

Dalle uova si sviluppano larve planctoniche, molto diverse dagli adulti, che dopo varie trasformazioni, raggiunti i 5-6 cm di lunghezza, abbandonano la vita pelagica e diventano bentoniche (e nella forma più simili agli adulti). L’accrescimento dei giovani è molto veloce.

Pescatrice e budego si nutrono soprattutto di altri pesci e, per la caccia, rimangono nascosti sul fondo usando il primo raggio della pinna dorsale come una specie di canna da pesca: il raggio, dotato all’estremità apicale di un appendice carnosa, biloba, (un vero e proprio ciuffetto tipo pesciolino, detto illicio), viene mosso a un ritmo tale che la preda, incuriosita dai movimenti dell’illicio stesso, si avvicina per ingoiare la finta esca. La rana pescatrice, abile in questa tecnica di agguato sul fondo, porta prima l’appendice un po’ all’indietro e poi, con un movimento fulmineo, ingoia l’animale che si è incautamente avvicinato, aspirandolo tra le enormi fauci, abilmente spalancate. Che bocca, ragazzi! Più volte mi sono incrociato con esemplari di oltre un metro di lunghezza, vivendo delle strane avventure. Non abile nel nuoto, la pescatrice non esita ad aggredire il subacqueo (nessun pericolo… tranquilli) che, magari per esigenze fotografiche, insiste con qualche scatto in più al suo “fantastico” soggetto, senza pensare che il pesce gli si potrebbe rivoltare contro.

Ricordo una volta, nel mare di Scilla, porta dello Stretto di Messina, una grande pescatrice: nuotava tra le gorgonie, durante uno dei suoi trasferimenti sul fondo, e la disturbai non poco in una lunga immersione che mi vedeva impegnatissimo nella realizzazione di alcune foto. Seguendola a lungo, per alcuni minuti, la rana sembrò irritarsi: a un certo punto, con rapidità che non mi aspettavo, si girò di colpo, ingoiando il mio flash, che per fortuna era agganciato a un lungo braccio metallico che mi consentì, con non poco disagio, di recuperarlo. Che esperienza: con il flash tra le fauci, la pescatrice si dimenava gravando con tutto il suo peso per avere la meglio. Non sapevo che fare, ma pensai che di certo, non potendo ingoiare, di lì a poco avrebbe mollato: e così fu. Niente danni al flash, forse qualche dente ammaccato per la povera rana e, di certo, una brutta esperienza, specie per lei, poverina, che non aveva colpa alcuna…

La voracità delle specie appartenenti al genere Lophius è comunque nota e rilevabile dal fatto che spesso, sia negli adulti che nei giovani, negli stomaci sono state trovate prede di dimensioni superiori alla rana pescatrice stessa, oltre che oggetti di ogni genere.

La pescatrice e il budego sono specie bentoniche, che vivono su fondali sabbio-fangosi e detritici, solitamente dai 50 m fino a profondità notevoli (sembra fino ai mille metri). Devo dire, però, che ho rinvenuto le due specie anche a profondità particolarmente esigue, specie d’inverno e di notte. Questi pesci passano la maggior parte del tempo infossati sul fondo, in attesa delle prede e durante il giorno rimangono praticamente invisibili: con le pinne pettorali scavano infatti un avvallamento per rimanere nascoste sotto la sabbia. Non è facile, per un subacqueo, incontrarle allo scoperto, durante i loro brevi spostamenti, è l’individuazione sul fondo è davvero difficoltosa a causa delle grandi capacità mimetiche. Una volta, di notte, trovai un grosso esemplare a soli tre metri di profondità: in questi casi hai tutto il tempo di fotografare e guardare, ma è sempre meglio non prolungare troppo l’azione di disturbo nei confronti del mostruoso pesce, bello quanto mai in quella sua mostruosità fatta di strane forme e appendici incredibili, tipo trine e merletti (o ancora barbigli degni della coda di un drago). Se poi penso che uno di questi animali può vivere anche più di vent’anni, mi rendo conto che sono di fronte a una creatura longeva del regno sommerso, una splendida creatura a torto giudicata brutta da chi non avuto la fortuna di vivere tutta una serie di incontri ravvicinati sott’acqua, a tu per tu con il pesce!

Testo e foto di Francesco Turano

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